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Il Consiglio di Stato ha affrontato il tema delle linee guida “non vincolanti” e della loro inidoneità a rappresentare parametro di legittimità delle determinazioni adottate dalle singole stazioni appaltanti nella fissazione delle regole di gara.
In particolare, una società ha impugnato dinanzi al TAR Friuli Venezia Giulia l’aggiudicazione di una gara per l’affidamento di lavori, lamentando la violazione dei principi di buon andamento e imparzialità, nonché la violazione e/o falsa applicazione del decreto legislativo n. 50 del 2016 ed eccesso di potere.
Il TAR, così investito della questione, ha respinto il proposto ricorso; pertanto, la società risultata soccombente ha impugnato la decisione resa in primo grado dinanzi al Consiglio di Stato.
In merito ai profili di censura sollevati dall’appellante, il Consiglio di Stato, dopo aver ritenuto infondati il primo e il secondo motivo di appello – aventi ad oggetto la censura, rispettivamente, della violazione dei princìpi ordinamentali di buona andamento e imparzialità in relazione alla valutazione della componente tecnica dell’offerta effettuata dalla stazione appaltante e l’illegittimità dell’intera procedura di gara, la quale risulterebbe irrimediabilmente viziata a causa dell’indebita commistione fra requisiti soggettivi del concorrente e requisiti oggettivi dell’offerta risultante dalla lex specialis – si è soffermato sull’analisi del terzo motivo di appello.
Più precisamente, con il motivo in questione l’appellante ha rilevato che la stazione appaltante, nel delineare le regole di attribuzione dei punti relativi alla componente tecnica dell’offerta, si sarebbe soffermata, illegittimamente, in modo pressoché esclusivo sulle componenti tecniche ed organizzative delle concorrenti ed avrebbe trascurato qualunque riferimento agli aspetti tecnici dell’offerta concretamente ricollegati alle caratteristiche dell’appalto.
Ebbene, il Consiglio di Stato, dopo aver osservato che non può essere accolto il motivo con cui si è lamentata in parte qua la discrasia fra la legge di gara e le prescrizioni di cui alle linee guida dell’ANAC n. 2 del 21 settembre 2016 (in tema di ‘Offerta economicamente più vantaggiosa’), ha precisato che, “trattandosi pacificamente di linee guida ‘non vincolanti’ (le quali traggono la propria fonte di legittimazione nella generale previsione di cui al comma 2 dell’articolo 213 del nuovo ‘Codice dei contratti’), esse non risultano idonee a rappresentare parametro di legittimità delle determinazioni adottate dalle singole stazioni appaltanti nella fissazione delle regole di gara.”
Ha poi proseguito il Supremo Consesso, affermando che: “Il testo in questione, quindi, lungi dal fissare regole di carattere prescrittivo, si atteggia soltanto quale strumento di “regolazione flessibile”, in quanto tale volto all’incremento “dell’efficienza, della qualità dell’attività delle stazioni appaltanti”. Il testo in parola risulta ricognitivo di princìpi di carattere generale, ivi compreso quello della lata discrezionalità che caratterizza le scelte dell’amministrazione in punto di individuazione degli elementi di valutazione delle offerte.
Sulla base di orientamenti più che consolidati, tuttavia, deve affermarsi che tali scelte non possano essere censurate in giudizio se non in caso di palesi profili di irragionevolezza e abnormità (nel caso di specie non ravvisabili).”
Pertanto, alla luce della suindicata ricostruzione, il Consiglio di Stato ha rigettato l’appello ritenendo non irragionevole la scelta della stazione appaltante di delineare indicatori di valutazione fondati essenzialmente sulla valutazione della struttura di impresa, sull’organizzazione del personale e sull’organizzazione tecnica del singolo concorrente, confutando, quindi, la tesi dell’appellante secondo il quale i parametri di valutazione in tal modo delineati non avrebbero in alcun modo consentito di tenere conto dei profili tecnici dell’offerta e delle caratteristiche dei beni e dei servizi offerti.
Avv. Gabriele Grande, Studio Legale Zoppellari
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