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Come noto, il nuovo Codice dei contratti pubblici, di cui al D.lgs. n. 36/2023 nasce dall’esigenza di rendere più efficiente il settore della contrattualista pubblica, promuovendo la digitalizzazione in ogni sua fase: dalla programmazione alla conclusione dell’esecuzione dei lavori.
Infatti, come evidenziato anche nella Relazione illustrativa al Codice, una delle materie centrali di intervento e di prioritaria importanza è stata quella della cd. digitalizzazione, la quale rappresenta un elemento cardine dell’intero impianto codicistico.
Nell’ambito delle opere pubbliche, con la locuzione “metodi e strumenti di gestione informativa digitale delle costruzioni” il Legislatore fa evidentemente riferimento alla metodologia BIM (Building Information Modeling), che consiste in un processo interamente digitale che consente di gestire tutte le informazioni relative al ciclo di vita delle opere pubbliche, riducendo sensibilmente i rischi della progettazione che costituiscono una delle problematiche tipiche dell’esecuzione.
In tal senso rileva che, come evidenziato nella Relazione illustrativa al Codice, il BIM “assicura la riduzione della complessità dei procedimenti, oltre al contenimento delle tempistiche, in tal modo implementando il livello di efficienza e di efficacia nella realizzazione e gestione delle opere e dei servizi connessi”.
Tuttavia, preme evidenziare che l’uso di metodi e strumenti di gestione informativa digitale delle costruzioni non costituisce una novità del nuovo Codice, dal momento che lo stesso era già previsto dall’art. 23, comma 13, del previgente Codice, di cui al D. lgs. n. 50/2016, in attuazione del quale è stato emanato il D.M. n. 560/2017 (cd. “decreto Baratono”), recante la specifica disciplina, successivamente integrato e modificato con il D.M. n. 312/2021, conseguente all’entrata in vigore dell’art. 48, comma 6, del D.L. n. 77/2021.
In ogni caso, il nuovo Codice appalti ha il merito di aver segnato un passo in avanti sotto il profilo dell’ampliamento applicativo della metodologia di gestione in esame.
Peraltro, tale processo di digitalizzazione è stato ulteriormente rafforzato dal recente decreto “correttivo” al Codice, di cui al D.Lgs. n. 209/2024, che è entrato in vigore dal 31 dicembre 2024, il quale ha introdotto numerosi emendamenti, anche sulla disciplina relativa all’uso dei metodi e strumenti di gestione informativa digitale.
In particolare, ai nostri fini rileva che il decreto correttivo è intervenuto sia sull’art. 43 del Codice - rubricato “Metodi e strumenti di gestione informativa digitale delle costruzioni” - sia sul relativo Allegato I.9 in cui è compendiata la relativa disciplina attuativa.
Per quanto concerne l’art. 43, rileva che il comma 1, così come modificato dal correttivo, stabilisce che “a decorrere dal 1° gennaio 2025, le stazioni appaltanti e gli enti concedenti adottano metodi e strumenti di gestione informativa digitale delle costruzioni per la progettazione e la realizzazione di opere di nuova costruzione e per gli interventi su costruzioni esistenti con stima del costo presunto dei lavori di importo superiore a 2 milioni di euro ovvero alla soglia dell'articolo 14, comma 1, lettera a), in caso di interventi su edifici di cui all'articolo 10, comma 1, del codice dei beni culturali, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 ”.
L’ultimo periodo del medesimo comma stabilisce che tale disposizione non si applica agli interventi di ordinaria e straordinaria manutenzione, a meno che essi non riguardino opere precedentemente eseguite con l’adozione dei metodi e strumenti di gestione informativa sopra detti.
Tuttavia, il comma 2 prevede la possibilità, anche al di fuori dei confini dell’obbligatorietà, per le Stazioni Appaltanti di adottare metodi e strumenti di gestione informativa digitale delle costruzioni, prevedendo eventualmente nella documentazione di gara un punteggio premiale. Tale facoltà resta comunque subordinata all’adozione delle misure stabilite nell’Allegato I.9 del Codice.
Il comma 3 del medesimo articolo esplicita il concetto di interoperabilità delle piattaforme e sottolinea l’importanza dei formati aperti non proprietari “al fine di non limitare la concorrenza tra i fornitori di tecnologie e il coinvolgimento di specifiche progettualità tra i progettisti, nonché di consentire il trasferimento dei dati tra pubbliche amministrazioni e operatori economici partecipanti alla procedura aggiudicatari o incaricati dell’esecuzione del contratto”.
L’Allegato I.9 al Codice che, come anticipato, definisce le modalità e i termini di adozione dei metodi e strumenti di gestione informativa digitale delle costruzioni da utilizzare, precisa che le Stazioni Appaltanti, prima di intraprendere qualsiasi processo BIM per i singoli appalti e indipendentemente dalla fase progettuale e dal relativo valore delle opere, devono necessariamente:
È evidente che per le Pubbliche Amministrazioni adeguarsi all’obbligo BIM 2025 significa affrontare cambiamenti significativi nei processi di gestione degli appalti. In ragione di ciò, l’art. 225-bis, introdotto dal decreto correttivo, al comma 3 prevede un regime transitorio per le disposizioni di cui all’art. 43.
In particolare, viene stabilito che lo stesso non trova applicazione per i procedimenti di programmazione di importo superiore alle soglie europee per i quali è stato già redatto il documento di fattibilità delle alternative progettuali.
Avv. Giuseppe Imbergamo, Studio Legale Piselli&Partners
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