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Le modifiche al contratto e le varianti, sia qualitative che quantitative, per i contratti di appalto pubblici sono regolate dall’art. 106 del D.Lgs 50/2016 che disciplina, in modo analitico, le ipotesi e le modalità con le quali le Stazioni appaltanti possono modificare i contratti in corso di esecuzione.
L’iniziativa dell’adozione di una variante spetta al RUP, eventualmente su impulso del DL o del DEC, sul quale grava anche l’onere di autorizzare le stesse con le modalità previste dai regolamenti della stazione appaltante o dal Capitolato di Appalto, essendo detto soggetto la longa manus della Stazione Appaltante nella gestione della commessa ad esso affidata.
La predetta norma sancisce che i contratti d’appalto possono essere modificati senza una nuova procedura di gara esclusivamente in specifiche ipotesi.
(i) Quando le modifiche sono state previste nei documenti di gara in clausole chiare, precise e inequivocabili. Perché possa ricadersi in tale ipotesi deve, quindi, sussistere una specifica previsione in sede di contratto o di capitolato che disciplini specifiche ipotesi, previste ab origine, di modifica dell’appalto; la clausola più utilizzata è quella in materia di revisione prezzi, che fissa contrattualmente i limiti e le modalità con le quali procedere, appunto, alla variazione dei prezzi di contratto in ipotesi di incremento dei prezzi.
E’ bene chiarire in merito che, in assenza di una autonoma clausola, non risulta possibile per la Stazione Appaltante procedere (se non in via risarcitoria, in sede di accordo bonario a fronte di riserve iscritte) ad alcuna modifica dei prezzi di contratto. Attualmente appare obbligatorio per le stazioni appaltanti, in forza dell’art 29 del DL 4/22, inserire tale clausola prevedendo un ristoro nella misura pari all’80% nell’ipotesi in cui un prezzo incrementi in misura superiore al 5% e limitatamente all’eccedenza rispetto a tale percentuale.
(ii) Quando si siano resi necessari lavori, servizi o forniture, supplementari, nei limiti del 50% dell’importo del contratto, qualora un cambiamento del contraente risulti impraticabile per motivi economici o tecnici e comporti per l’amministrazione notevoli disguidi o una consistente duplicazione dei costi. Tali prestazioni devono essere ulteriori ma funzionalmente connesse a quelle originarie (Consiglio di Stato, sez. III, 7.10.2020 n. 5962).
(iii) Qualora la modifica, nei limiti del 50% dell’importo del contratto, sia necessaria e determinata da circostanze impreviste ed imprevedibili (quale la sopravvenienza di nuove disposizioni legislative o regolamentari) e la modifica non alteri il genus del contratto. Questa è l’ipotesi di vera e propria variante che comporta
(iv) Ove il contraente cui la stazione appaltante aveva inizialmente aggiudicato l’appalto viene sostituito da un nuovo contraente nelle ipotesi in cui (a) sussista una specifica clausola pattizia, (b) subentri un nuovo soggetto per causa di morte o per ristrutturazioni societarie, (c) l'Amministrazione voglia assumersi gli obblighi del contraente principale nei confronti dei suoi subappaltatori.
(v) Qualora le modifiche non siano sostanziali ai sensi dell’art. 106 co. 4 (ovverosia le ipotesi i cui la modifica introduce condizioni che avrebbero consentito l'ammissione di offerenti diversi o l'accettazione di un'offerta diversa oppure cambi l'equilibrio economico o estenda notevolmente l'ambito di applicazione del contratto) e la committente abbia stabilito pattiziamente delle specifiche soglie per procedere alla modifica del contratto.
(vi) Ove la modifica sia al di sotto delle soglie fissate all’articolo 35 (le soglie di rilevanza comunitaria che fungono da discrimen tra l’obbligo di utilizzare le diverse procedure di aggiudicazione previste dal Codice) e del 10% del valore iniziale del contratto per i contratti di servizi e fornitura oppure del 15% per i contratti di lavori.
La norma specifica che, fermo l’obbligo di non alterare il genus del contratto, se la necessità di modificare il contratto derivi da errori od omissioni nel progetto esecutivo, la modifica è consentita negli stessi limiti quantitativi appena citati ferme le responsabilità del progettista e/o dell’Appaltatore in ipotesi di appalto integrato.
Ai fini dell’individuazione dei limiti economici alle varianti sopra riportati, in caso di più modifiche successive, il calcolo deve essere fatto rispetto al valore del contratto al momento della modifica (considerando, quindi, le precedenti varianti intervenute) ferma l’impossibilità di utilizzare tale meccanismo al fine di aggirare le norme del Codice (ad esempio suddividendo un’unica variante in più varianti al solo fine di supere i limiti normativamente previsti).
Sotto un profilo fattuale il comma 12 dell’art. 106 cit. prevede che, qualora in corso di esecuzione si renda necessario un aumento o una diminuzione delle prestazioni fino a concorrenza del quinto dell’importo del contratto, la stazione appaltante può̀ imporre all’appaltatore l’esecuzione alle stesse condizioni previste nel contratto originario e, in tal caso, l’appaltatore non può̀ far valere il diritto alla risoluzione del contratto (cd. quinto d’obbligo). Al contrario, ove si superi detto limite, risulta necessario il consenso dell’appaltatore mediante la stipula di un atto aggiuntivo al contratto d’appalto.
Per completezza è bene chiarire che non sussiste alcun onere per la stazione appaltante di richiedere un nuovo CIG (il Codice identificativo di gara che identifica la specifica commessa affidata) al momento dell’adozione della variante (sia in ipotesi di atto aggiuntivo che di atto di sottomissione), dato che detto codice rimane il medesimo per l’intera procedura e appare necessario un nuovo codice solo ove sia necessaria l’indizione di una nuova gara.
Avv. Giulio Nardelli, Studio Legale Piselli&Partners
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