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Il Codice dei contratti pubblici di cui al D.lgs 50/2016, ha un ambito di applicazione molto ampio, disciplinando, come previsto ai sensi dell’art. 1, comma 1, “i contratti di appalto e di concessione delle amministrazioni aggiudicatrici e degli enti aggiudicatori aventi ad oggetto l’acquisizione di servizi, forniture, lavori e opere, nonché i concorsi pubblici di progettazione”.
Per concessione si intende un contratto a titolo oneroso stipulato per iscritto in virtù del quale una o più stazioni appaltanti affidano la progettazione e/o l'esecuzione di lavori pubblici, ovvero l’erogazione di un servizio pubblico, con assunzione in capo al concessionario del rischio operativo legato alla gestione dei servizi o la gestione delle opere.
In altri termini, nell’ambito delle concessioni, l’impresa gestisce l’opera o il servizio ed assume il guadagno ovvero il rischio di perdite derivante dalla medesima gestione. Tali aspetti differenziano le concessioni dagli appalti, dove la gestione dell’opera o del servizio grava sull’amministrazione che verserà all’impresa un corrispettivo fisso.
Il Codice dedica alla disciplina delle concessioni l’intera parte III, ossia dall’art. 164 all’art. 178, definendone i criteri, nonché regolamentandone la durata e le modalità di esecuzione. Peraltro, il Codice è intervenuto anche con riferimento agli obblighi di esternalizzazione gravanti sui concessionari.
Sul punto, in particolare rileva la disposizione di cui all’art. 177, recante “Affidamenti dei concessionari”.
Secondo una lettura testuale della disposizione richiamata, poteva desumersi che i titolari di concessioni preesistenti all’entrata in vigore del Codice, nel caso in cui suddette concessioni risultavano non affidate con procedure di gara ad evidenza pubblica secondo il diritto dell’Unione Europea, allora, sarebbero risultati obbligati ad affidare l’80% dei contratti relativi alle concessioni stesse mediante procedure ad evidenza pubblica. Tale obbligo avrebbe riguardato sia i contratti di lavori che quelli aventi ad oggetto servizi e forniture.
A tale riguardo, sono doverose delle precisazioni.
Difatti, la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 218 del 23 novembre 2021 (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 24 novembre 2021, 1° Serie Speciale, n. 47), ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 177 del D.Lgs. 50/2016 in quanto limita in maniera sproporzionata la libertà di iniziativa economica privata (ex art. 41 Cost.), trasmodando di fatto in una irragionevole compressione di detta libertà (in violazione anche dell’art. 3 Cost.).
Sarebbe infatti necessario un bilanciamento tra l’interesse alla libertà economica e l’interesse alla tutela della concorrenza, alla luce del principio di ragionevolezza. Ad avviso della Corte Costituzionale, tale bilanciamento va effettuato tenendo in considerazione, da un lato, il contesto sociale ed economico di riferimento e le esigenze generali del mercato in cui si realizza la libertà di impresa, e, dall’altro lato, le legittime aspettative degli operatori economici.
La Corte, affermando questo principio, ha pertanto ritenuto che l’obbligo di esternalizzazione gravante sui titolari di concessioni già in essere, non affidate con procedura ad evidenza pubblica o con la formula della finanza di progetto, costituisse una misura irragionevole e sproporzionata rispetto all’obiettivo di tutela della concorrenza sancita ai sensi dell’art. 177 del D.Lgs. 50/2016.
L’obbligo dei concessionari di rispettare, negli affidamenti a valle, le procedure ad evidenza pubblica è stato mantenuto anche a seguito della intervenuta e recente riforma della disciplina in materia di contratti pubblici. Difatti, ai sensi dell’art. 186, comma 2, del nuovo Codice dei Contratti Pubblici di cui al D.Lgs. n. 36/2023, è previsto che i titolari di concessioni di lavori e di servizi pubblici, già in essere alla data di entrata in vigore del codice, di importo pari o superiore alle soglia di rilevanza europea, e non affidate conformemente al diritto dell'Unione europea vigente al momento dell'affidamento o della proroga, affidano mediante procedura ad evidenza pubblica una quota tra il 50% e il 60% dei contratti di lavori, servizi e forniture stabilita convenzionalmente dal concedente e dal concessionario.
La disposizione, peraltro, precisa che l'ente concedente è chiamato a tenere in considerazione vari aspetti tra cui: le dimensioni economiche e i caratteri dell'impresa, l'epoca di assegnazione della concessione, la sua durata residua, il suo oggetto, il suo valore economico e l’entità degli investimenti effettuati.
Il Legislatore del nuovo Codice dei Contratti Pubblici di cui al D.Lgs. 36/2023 – le cui disposizioni acquisiranno efficacia a partire dal 1º luglio 2023 – sembra pertanto aver tenuto in considerazione la sentenza della Corte Costituzionale, cercando di attuare un ragionevole e proporzionato bilanciamento tra il diritto alla libertà economica degli operatori economici e la tutela della concorrenza.
Avv. Daniele Bracci - Studio Legale Piselli&Partners
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