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Cons. Stato, sez. V, 11 giugno 2018, n. 3607
La sentenza in oggetto è stata emessa dal Consiglio di Stato con riferimento all’estensione dell’obbligo di attestazione dei requisiti di moralità agli amministratori cessati dalla carica (nell’anno antecedente alla pubblicazione del bando) nonché agli amministratori cedenti l’azienda.
Nella specie, la questione è sorta, in quanto una Pubblica Amministrazione ha ritenuto di dover escludere da una procedura di gara per l’affidamento di un servizio una società concorrente, avendo valutato omissione censurabile con l’eslcusione la mancata dichiarazione di precedenti penali del rappresentante legale di una diversa società, la quale, tuttavia, era stata acquistata a sua volta dalla società esclusa dalla suindicata gara nell’anno antecedente la pubblicazione del bando.
Ciò posto, la società risultata esclusa dalla procedura di gara ha proposto ricorso dinanzi al TAR, censurando l’operato della Stazione appaltante sotto diversi profili; valutate le doglianze eccepite dalla società ricorrente, il giudice di primo grado ha, tuttavia, respinto il ricorso principale e i motivi aggiunti, ritenendoli del tutto infondati.
A fronte della suddetta soccombenza nel primo grado di giudizio, la società ha, dunque, presentato appello avverso la decisione assunta dal giudice di prime cure per errata interpretazione dell’art. 38 del D.Lgs 163/2006 anche alla luce dell’art. 46, comma 1 bis del D.Lgs. 163/2006 e per erronea interpretazione dei principi affermati nelle Adunanze plenarie del Consiglio di Stato nn. 10 e 21 del 2012.
Il Supremo Consesso, prima di entrare nel merito della vicenda, ha ripreso quanto precedentemente statuito dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato 4 maggio 2012 n. 10 che ha fornito un’interpretazione dell’art. 38, comma 2, d.lgs. 12 aprile 2006 nel senso che ai “soggetti cessati dalla carica [di amministratore e direttore tecnico, n.d.s.] nell’anno antecedente alla data di pubblicazione del bando” – dei quali il concorrente è tenuto ad attestare il possesso dei requisiti generali di partecipazione – vanno equiparati anche gli amministratori e i direttori tecnici delle aziende che il concorrente abbia acquisito mediante cessione di azienda nell’anno precedente, con la conseguenza che l’operatore economico è tenuto, pertanto, ad attestare i requisiti di moralità anche degli amministratori e dei direttori tecnici della società che gestiva l’azienda nell’anno precedente alla pubblicazione del bando.
In tale senso, il Consiglio di Stato ha affermato che: “L’Adunanza qualifica il procedimento come di interpretazione estensiva, e non analogica, della disposizione per essere il significato insito nell’espressione letterale utilizzata e conforme alla ratio che la ispira: evitare forme di elusione della rigorosa disciplina sui requisiti di moralità in possesso di gestori di imprese concorrenti all’affidamento di contratti pubblici. Intento che si realizza imponendo di attestare il possesso dei requisiti di partecipazione prescritti in tutti i casi in cui le vicende societarie, come, appunto, la cessione dell’azienda non fanno venir meno la continuità tra la vecchia e la nuova gestione dell’impresa.”
Pertanto, è di tutta evidenza che la vicenda in esame rientra pienamente nell’ambito di applicazione della regola generale posta dall’Adunanza plenaria, per l’avvenuta acquisizione dell’azienda nell’anno antecedente alla pubblicazione del bando. L’elemento di specialità che la connota – l’essere l’azienda già nella disponibilità dell’acquirente in virtù del precedente contratto di affitto – non vale a sottrarla all’applicazione della regola generale in mancanza di una disposizione di carattere speciale restrittiva del campo di applicazione della prima relativamente a dette fattispecie.
In aggiunta a quanto appena riportato, i giudici di Palazzo Spada hanno statuito che “… l’estensione dell’obbligo di attestazione dei requisiti di moralità agli amministratori cessati dalla carica (nell’anno antecedente alla pubblicazione del bando: art. 38 cit.) nonché agli amministratori cedenti l’azienda (o la cui azienda sia stata fusa per incorporazione: Adunanza plenaria nn. 10 e 21 del 2012) è per evitare la partecipazione alla procedura di gara di una società già utilizzata per commettere illeciti e “ripulita” mediante il ricambio degli amministratori ovvero attraverso un successivo passaggio di mano. Ciò in ragione di una presunzione di continuità tra la vecchia e nuova gestione imprenditoriale che, pure, può essere superata dando la prova della cesura tra l’una e l’altra (cfr. Adunanza plenaria n. 12 del 2010: “Ad ogni modo, proprio nella logica del cennato fenomeno della dissociazione, al cessionario va riconosciuta la possibilità di comprovare che la cessione si è svolta secondo una linea di discontinuità rispetto alla precedente gestione, tale da escludere alcuna influenza dei comportamenti degli amministratori e direttori tecnici della cedente”). Tale impostazione, allora, non cambia se l’acquisizione della società (e con essa dell’azienda) avvenga in sequenza ad un contratto di affitto di azienda ed anche se l’affitto riguardi l’intera azienda e non solamente un ramo di essa: opera pur sempre la presunzione di continuità, ed anzi è più solida, perché nel periodo di affitto, sia pure mediante la percezione del canone, il locatore si giova dei risultati economici dell’azienda conseguiti dalla successiva gestione e l’affittuario delle referenze del complesso aziendale acquisito” (cfr. Cons. Stato, sez. V, 21 agosto 2017, n. 4045).
In conclusione, il Supremo Consesso ha respinto l’appello ritenendo che la suindicata impostanzione non cambia se l’acquisizione della società (e con essa dell’azienda) avvenga in sequenza ad un contratto di affitto di azienda ed anche se l’affitto riguardi l’intera azienda e non solamente un ramo di essa: opera pur sempre la presunzione di continuità, ed anzi è più solida, perché nel periodo di affitto, sia pure mediante la percezione del canone, il locatore si giova dei risultati economici dell’azienda conseguiti dalla successiva gestione e l’affittuario delle referenze del complesso aziendale acquisito.
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